Condizione: Nuovo
Codice: Val Gardena
Il trenino della Val Gardena 6 febbraio 1916 28 - maggio 1960 formato cm 17 x 24, ha pagine, stampate su carta Fedrigoni “Tintoretto”, di intonazione avorio, particolarmente pregevole alla vista come al tatto, che tanto successo ha incontrato tra i Lettori affascinati dal suo "profumo di passato", offre 219 fotografie, 21 quadri orario storici, 5 cartine, 16 disegni, opera di Adalberto Guida, relativi al materiale rotabile e 6 tavole che il pittore comasco Tiziano Azimonti ha creato appositamente per questo lavoro.
Presentazione Conosco e apprezzo gli scritti di Claudio Pedrazzini fin da quando, giovane studente universitario, frequentavo la facoltà di Medicina a Brescia e acquistai nel mitico negozio “Bruneri” i Suoi fascicoli riguardanti la 691 e l’ATR 100. Mi colpivano la Sua prosa scarna, le spiegazioni precise e senza fronzoli in una materia della quale all’epoca si conosceva poco, stante la scarsa letteratura circolante, per lo meno quella pubblicistica destinata a chi, come me, muoveva i primi passi nella passione che mi avrebbe accompagnato per l’intera vita. E soprattutto mi colpì la quantità di immagini, rigorosamente in bianco e nero, esaurienti del contesto di servizio di treni che non avrei mai avuto la possibilità di ammirare in linea. Il mio interesse per l’Autore Pedrazzini continuò con il libro scritto a quattro mani con Giovanni Cornolò (altro grande della pubblicistica ferroviaria amatoriale) relativo ai mezzi di trazione elettrici; all’alba degli Anni 2000 la lettura dei Suoi corposi saggi su Zanardelli e sui primi dieci anni di vita delle Ferrovie dello Stato mi fece comprendere che la ferrovia aveva caratterizzato il progresso dell’epoca che va dalla metà dell’800 fino agli Anni Trenta del secolo scorso, facendo compiere a quelle generazioni il passaggio dal dorso di mulo al mezzo ferroviario, a volte con velocità di 20 – 30 chilometri orari, oggi risibili, ma che allora erano “devastanti” (il bello ed orribile mostro di carducciana memoria….). E, a parte un poco di fuliggine sul viso e sui vestiti, il viaggiatore scendeva dal treno come vi era salito, non sporco di polvere o fango come poteva accadere dopo un viaggio in diligenza o a dorso di mulo, e la regolarità degli orari era una novità per chi era abituato a conoscere l’ora di partenza ma non certo quella di arrivo. Il treno fu occasione preziosa per il miglioramento dei trasporti delle merci, favorendo gli scambi commerciali sia dei tradizionali prodotti agricoli, che da varie Regioni italiane trovarono finalmente sbocco sui mercati del nord Italia e del nord Europa, sia delle produzioni che le nascenti industrie italiane cominciavano a sfornare. Gli stimoli culturali derivatimi da queste letture mi consacrarono all’Autore Pedrazzini per il Suo modo di scrivere che, partendo dagli aridi dati tecnici, doverosamente citati, sapeva costruire la storia di una ferrovia o di un rotabile sugli uomini che l’hanno creata e vissuta. Più complesso che scrivere di materiale rotabile o di vicende storiche legate allo sviluppo ferroviario è parlare di una linea ferroviaria; che cosa deve saper trasfondere l’Autore ai Lettori? Il contesto sociale ed economico in cui la linea nasce, visto con gli occhi dell’epoca, le esigenze locali o regionali o nazionali che portano alla sua realizzazione ed all’acquisizione del materiale di tra zione e trainato. Le caratteristiche di costruzione, raggi di curvatura e tipo di armamento, e i criteri di scelta dei rotabili condizioneranno nel tempo l’efficienza del servizio svolto e la capacità della ferrovia ad adattarsi alle mutate esigenze dei tempi; se questo adeguamento non interviene portando alla morte della infrastruttura l’Autore deve saper analizzarne le cause trasfondendo i concetti al Lettore ed aggiungo, un poco crudelmente, senza perdersi nei meandri delle prospettive di un’eventuale ricostruzione o riapertura che la storia ferroviaria italiana ci ha insegnato essere molto improbabile. È quindi opportuno che l’Autore offra ai propri Lettori una descrizione del patrimonio sociale e culturale delle località servite dalla ferrovia, non limitandosi alla mera descrizione della linea nei suoi punti salienti – aspetto opportunamente affidato al patrimonio iconografico che con le tecniche odierne è riproducibile dagli originali fin nei minimi dettagli, a maggior ragione se proveniente da fotografie fine ‘800 - inizio ‘900, quando il negativo era una lastra fotografica di 18 – 20 centimetri e quindi nessun particolare sfuggiva all’obbiettivo. Affidiamoci quindi a Pedrazzini, che ci sarà Maestro nel comprendere il contesto storico della nascita della ferrovia della Val Gardena in momenti così bui della vita italiana, seguirne le vicende del servizio svolto a favore dei valligiani e del nascente turismo montano e, guidati dal Suo profondo umanesimo, unito alla grande cultura ferroviaria, seguiremo la vita della ferrovia fino alla chiusura nel pieno degli anni del boom economico. Purtroppo tutte le ferrovie alpine italiane, a parte il trenino del Renon, vennero chiuse, anche la Ora – Predazzo e la Calalzo – Cortina – Dobbiaco che godevano della modernità della trazione elettrica, a dimostrazione dello scarso interesse che in Italia il potere politico, anche locale, e l’opinione pubblica nutrivano, ed in parte nutrono ancora, nei confronti del trasporto ferroviario. Non si comprese che avrebbero potuto, le citate linee ferroviarie, ed altre sparse in tutta l’Italia, divenire attrattive turistiche così come capitato, facendo riferimento all’arco alpino, nelle vicine Austria e Svizzera, sostenere la mobilità di queste aree che, soprattutto nei mesi di massima frequentazione turistica, cominciano a risentire fortemente del carico di traffico automobilistico. E quindi sono onorato di poter presentare l’ultima fatica di quello che nel frattempo è diventato l’amico Claudio …. Profonda revisione di un libro che in prima edizione divenne un best-seller della letteratura ferroviaria amatoriale italiana, trattando di una ferrovia che univa le particolarità dello scartamento ridotto e della trazione a vapore al fascino delle località attraversate, le Dolomiti, giustamente proclamate qualche anno fa “patrimonio dell’umanità” dall’UNESCO per la bellezza dei luoghi attraversati e per la cultura particolare delle sue genti alpine. Giulio Leopardi