Condizione: Nuovo
Codice: MTB01
Novità Storia della tranvia Monza - Trezzo – Bergamo (12 febbraio 1890 - 28 giugno 1958)- formato cm 21 x 29,7, pagine 448 - Il Club Fermodellistico Bresciano, nell'ambito di quell'iniziativa culturale che ha assunto eccellente risonanza tra gli appassionati, ha patrocinato, con la collaborazione del MUS.I.L., Museo dell'Industria e del Lavoro – Brescia, di "Treni di Carta" e con il patrocinio del Comune di Trezzo sull’Adda, il libro del Professor Claudio Pedrazzini, “Storia della tranvia Monza - Trezzo – Bergamo (12 febbraio 1890 - 28 giugno 1958)”, nella collana di libri ferroviari e tranviari, concepita e voluta dal suo Presidente, Enrico Maggini e dal Segretario Giorgio Morocutti, assistente del Professor Claudio Pedrazzini, storico delle ferrovie e Socio onorario del Sodalizio che, con la sua pluridecennale esperienza dirige con polso ferreo l'iniziativa. Il libro, di formato cm 21 x 29,7, ha pagine stampate su carta particolarmente pregevole alla vista come al tatto, offre 400 fotografie, 55 quadri orario storici, 13 cartine, 19 disegni, opera di Adalberto Guida, relativi al materiale rotabile e 4 tavole che il pittore comasco Tiziano Azimonti ha creato appositamente per questo lavoro. Le pagine sono 448 e la commercializzazione del volume avviene a far data dal 7 dicembre 2021.
Prefazione "Nel leggere l’autografo del libro riguardante la tranvia Monza - Trezzo - Bergamo, opera del Professor Claudio Pedrazzini, mi sono chiesto quali motivazioni avessero potuto spingere un Autore di così chiara fama ad occuparsi di una modesta tranvia a vapore. Dalla lettura del testo, parametrata sulla mia buona conoscenza dei luoghi e delle loro vicende economico-sociali, ho capito il perché di tanto interesse. La tranvia nacque nel 1890 e conchiuse il proprio servizio nel 1958, divenendo così la più longeva tra quelle esercite a vapore esistenti in Italia. Attraversava plaghe densamente popolate, con un percorso in affiancamento ad importanti strade provinciali e statali, divenne negli anni l’asse portante del trasporto dei “pendolari”, gli operai che lasciavano le loro cascine d’origine per andare a lavorare nelle fabbriche e nelle filande che via via andavano nascendo nella provincia di Bergamo ed in quella parte del milanese che sarebbe divenuta, negli anni nostri, la provincia di Monza e Brianza e dell’alto milanese corrispondente all’area trezzese. L’esigenza di trasportare centinaia di viaggiatori dava origine a convogli di proporzioni ferroviarie, con 6 – 7 carrozze al traino della piccola e simpatica “Gamba de legn” impegnata al limite delle proprie prestazioni o di due o tre rimorchiate accodate alle elettromotrici ad accumulatori che caratterizzarono gli anni della “maturità” della M.T.B.. Il libro ha il pregio di descrivere con dovizia di particolari la storia della tranvia ripercorrendo le vicende di questi territori e delle popolazioni servite dalla linea. Da non sottovalutare il fiorente traffico merci, con Aziende collegate da raccordi, il più importante dei quali si staccava dalla linea a Capriate ed andava a servire Crespi, con la filanda omonima e il villaggio operaio, opera di Benigno Crespi, così notevole nella sua concezione architettonica e sociale da essere stato proclamato sito dell’UNESCO qualche anno fa. Sbaglieremmo nel valutare con gli occhi odierni le vicende di Capriate, Osio e Dalmine, i Comuni bergamaschi oggi ad economia fiorente attraversati dalla tranvia prima di raggiungere il capolinea di Bergamo: non va dimenticato che la tedesca Mannesmann, cercando in Europa una plaga con grande quantità di abitanti in gravi ristrettezze economiche, nel 1906 individuò Dalmine per il proprio insediamento industriale al di fuori dei patri confini (la delocalizzazione industriale non è solo dei giorni nostri); qualche anno dopo la provincia di Bergamo sarà oggetto di uno studio del Professor Pouchet, all’epoca Primario del Dipartimento materno - infantile dell’Ospedale di Bergamo, che dimostrò essere la Bergamasca una delle provincie in Europa con maggiore mortalità infantile, dovuta alle disagiate condizioni economiche degli abitanti ed alle conseguenti carenze alimentari. Ben si sposa quindi il racconto delle vicissitudini della M.T.B. con il lento progredire della situazione economico - sociale dei territori attraversati. Conosco superficialmente le vicende dell’economia monzese e brianzola, ma posso ipotizzare che il processo di evoluzione di plaghe così vicine alla Bergamasca possa essere stato analogo. L’altra ragione, ben importante, che spiega la longevità della nostra tranvia è l’indovinato percorso che attraversava, come già detto, plaghe popolose - Dalmine, Osio e Capriate in terra bergamasca, Trezzo e Vimercate in territorio allora tutto milanese - e su questo percorso nacquero nel tempo varie Aziende, più o meno grandi, che vedevano la tranvia come asse portante del trasporto dei dipendenti in un’epoca in cui il trasporto stradale individuale era di là da venire. Nel libro troveremo una lettera di richiesta di un’Azienda affinché la Direzione della tranvia istituisse una fermata destinata ai propri dipendenti prospiciente l’Azienda stessa. E all’epoca ogni filanda offriva lavoro a 6-700 operai. Un’attenta disamina della topografia dei luoghi, favorita dalle cartine d’epoca pubblicate nel testo, ci fa capire che la M.T.B. percorreva, in affiancamento alle strade provinciali e statali, con qualche raro passaggio in sede propria, l’itinerario più breve e più “naturale” tra Bergamo e Monza, che vari progetti di firma bergamasca avrebbero visto come il più diretto collegamento tra Bergamo e Milano, ancor oggi a volte riproposto come naturale prolungamento delle linee della Metropolitana Milanese per raggiungere il capoluogo orobico. La M.T.B. percorreva un itinerario che non aveva concorrenza ferroviaria, in piccola parte in sede propria, ed in gran parte in affiancamento protetto rispetto alla strada; la distinzione tra la sede stradale e quella tranviaria – che apprezzerete nelle numerose fotografie accompagnanti il testo - permise la convivenza della nostra linea con il nascente traffico automobilistico finché tutti quelli che fino al giorno prima dell’acquisto dell’utilitaria avevano utilizzato la tranvia non l’abbandonarono a favore della propria automobile andando a riempire i parcheggi delle Aziende e congestionando il traffico stradale. E quindi nel 1958 la tranvia scomparve, lasciando spazio ai mezzi gommati dell’A.T.M. (Azienda Trasporti Milanese) che tuttora percorrono lo stesso itinerario a dimostrazione della validità delle premesse poste da chi aveva concepito quella linea. Professor Giulio Leopardi